Un gioco storico. Un viaggio nella Vigevano cinquecentesca attraversando, come un inviato speciale a caccia di notizie accompagnato da un giovane ed ignaro collega, le sue vie.  Entriamo nei luoghi d’incontro e socialità, osserviamo da vicino le attività dei suoi abitanti, annotiamo avvenimenti, situazioni, immagini, suoni ed odori.
Un modo diretto e didatticamente stimolante per ricostruire la vita quotidiana di una città nella seconda metà del XVI secolo. I documenti citati appartengono tutti all’Archivio Storico Civico.

Eccomi pronto per il viaggio. Perché devo portare spada e coltello?

Perchè nel XVI secolo viaggiare è estremamente pericoloso. Se per esempio decidiamo di partire da Mortara per raggiungere Vigevano ad un certo punto ci troveremo costretti ad attraversare il temibile bosco “de la Magdalena”, insieme al bosco “de la Merlata” in direzione di Milano, tra i rifugi preferiti dei briganti che terrorizzavano Vigevano.
Organizzati in bande e potendo contare su una fitta rete di complici residenti in città, derubavano ed assassinavano i viandanti e turbavano la tranquillità dei vigevanesi. Nel 1565 sappiamo che “de nocte, rompono uscij, ferrate, ascalano case et altri sinistri se sentono”.
I furti notturni ma anche diurni erano un vero e proprio flagello nella Vigevano cinquecentesca. Nel 1561 troviamo scritto che: “per la città siegueno molti sinistri de furti nocturni et diurni sina in le case per sopra gli tecti della piazza”. Servendosi di scale gli scaltri ed abili ladri cinquecenteschi raggiungevano i tetti e di lì entravano “in le case de cittadini”.
Un furto davvero “audace” fu quello compiuto nel 1550 in occasione della festività di S.Caterina, allorchè di notte i “soliti ignoti” ebbero l’ardire di penetrare nella chiesa Cattedrale e di rubare un drappo di color scarlatto insieme ad altri paramenti sacri.

Fortunatamente non abbiamo fatto brutti incontri. Siamo in prossimità di Vigevano, comincio a scorgere le mura cittadine.
Provenienti da Mortara, eccoci arrivati alla porta Sforzesca, già porta di Strata. Qui facciamo il nostro primo incontro con i custodi delle porte. Costoro, specialmente di notte, avevano l’ordine di “non aprire esse porte ad alcuna persona qual vorà reuscire o intrare in detta città qual si posi presumere che vadi fori o dentro per suo piacere et specialmente li gioveni nè ancho persone qualle portano legne o frutti di qualunque sorte”.

Perchè quell’accenno ai giovani?

Meno pericolosi dei briganti, erano anch’essi un flagello. Di notte “assalivano vigne, orti, giardini al punto che “niuno si può goderse di haver un fructo per tanta moltitudine de latroni” (1554). In una disposizione dell’allora consiglio comunale (18 agosto 1550) i consiglieri chiesero al Podestà di mettere a disposizione: “quanti necesarij homini a gire di nocte con li soi cavalieri a cercar de pigliar qualche uno de quelli che fano tal danno”.
Una misura che si era resa necessaria in quanto in quello stesso anno “in essa città sono molti discoli e mal disposti giovani, quali vano di giorno e notte con arme et hastate…e ne siegue diversi scandali et furti”.

E cos’altro facevano i giovani nella Vigevano del XVI secolo?

Lavoravano nelle botteghe dei produttori di panni di lana e di seta fin dalla primissima età. E anche lì non perdevano il vizio di rubare. Il 29 luglio 1560 un milanese venne allontanato dalla pubblica piazza perchè corrompeva i costumi della gioventù. Costui, leggiamo in un’ordinanza del Consiglio Generale della città “pone certe sorte che se dicono il lotto” costringendo i “puti e i fiogli de famiglia a domestici furti” per poter disporre di denaro onde tentare la sorte.
Chi li riforniva di moneta sonante era un tal Joseph ebreo “quale fa residentia in questa città et accetta pegni che li sono portati dalli fioli de famiglia robati dalli lor parenti como lana filata et pani” (1551).

E come si divertano?

Il concetto di divertimento era molto diverso da quello che intendiamo oggi. Le condanne capitali con squartamenti e torture per esempio erano le più seguite e per i giovani erano una vera e propria occasione di festa.
Possiamo facilmente immaginarci gruppi di giovani correre festanti allorché nel 1562 un tal Orazio senese fu condannato per aver ucciso l’oste e l’ostessa di Villanova e ferito la figlia più piccola. L’ordine proveniente dal Senato di Milano fu di “tenaliarlo con le tenalie candenti, dippò troncharle la dextra mano” che fu appesa alla porta verso Villanova “et dippò farlo in quarteti et ponerli alli lochi che li viatori li ponero videre”.

Che orrore! Non posso credere che quello fosse il loro passatempo preferito.

Nel nostro viaggio dovrai abituarti a situazioni e spettacoli “a tinte forti”. Comunque per rinfrancare il tuo animo turbato ti farà piacere sapere che, pur tra tante ruberie e atti poco virtuosi, l’8 giugno 1564 i consoli decisero di concedere un contributo di scudi sei ad un gruppo di giovani che avevano deciso “di far una comedia la quale è in effetto segno de virtute in la quale si debano li giovani versar et da vitij abstenerse. La qual comedia porta alquanto di spesa et a questo far dimandano un pocho de sucorso”.

Quell’insegna che si vede indica un’osteria?

Sì è l’osteria di S.Giorgio ed il proprietario è Francesco de Coquis, entriamo ma solo per un attimo.

Dopo quello che mi hai appena raccontato, non mi fido troppo.

Questa è una delle più rinomate osterie vigevanesi. In ogni caso è un posto per persone…navigate. Vedi quel gruppo che fa tutto quel chiasso? Sono i “crapuloni et frequentatori delle taverne”.

In un’ordinanza del Consiglio Generale leggiamo che costoro non fanno altro che andare “tutto il giorno per le crapule a detti luoghi, consumando tutto ciò che guadagnano”. La povera moglie che ha per sorte tal marito non può “vivere in pace con esso per vedersi molte volte mancare il pane et il vitto necessario a se stessa et ai suoi miseri figliuoli”.

In quell’altro gruppo c’è anche un sacerdote che sta giocando a carte.

Non devi sorprenderti. Guarda, questo è un bando emanato il 22 settembre 1577 da Giulio Paolo Toschi, Vicario Generale del vescovo Alessandro Casale.
Avverte tutti i sacerdoti a non portare “da qui inanti alcun capelli di setta”.

E a proposito di quello che hai potuto notare scrive: “Di più intendendo che ancora alcuni non havendo rispetto al grado che tengono, con gran scandalo del popolo, fanno professione di giocare alle carte et quel che è peggio con secolarij”.